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  • Immagine del redattoreGloria Ferrari

Siamo troppo bianchi per parlare dei neri

“Io non sono razzista, ho un amico nero”. È facile sentire un europeo parlare così. È un modo di esprimersi che utilizza anche per dichiararsi pro omosessuali, se è per questo. Io sono bianca, sono nata bianca e credo che ci morirò pure. Sono troppo bianca per parlare di come ci si possa sentire a vivere da neri. Avere qualcuno di colore accanto a me (amico, fidanzata, insegnante, avvocato) non mi autorizza ad esprimermi come se ne capissi qualcosa. Posso, invece, dire come ci si sente ad essere bianchi e a guardare gli altri con gli occhi da bianco.



In un'intervista un uomo ha dichiarato di vivere in un quartiere privo di pregiudizi, libero, perché il locatario non ha mai negato un alloggio ad un nero che glielo chiedesse. Un'azione di questo tipo è sufficiente per parlare di parità? Il privilegio bianco è difficile da cancellare probabilmente perché è difficile da individuare. A (quasi) nessun uomo con la carnagione chiara verrebbe in mente di potersi sentir dire di no da un locatore per il colore della pelle. Andiamo, siamo bianchi! Il solo fatto che per un individuo di colore ci sia anche una sola possibilità che accada denota la complessità del fenomeno. Il privilegio bianco è considerato normale, inconsciamente, e per questo poco considerato. Tutto sembra essere come deve essere, perché è così che vanno le cose e sono sempre andate. Un uomo bianco, appartenente alla classe media, farebbe fatica ad ammettere che una parte del proprio successo è merito della razza cui appartiene. Al duro lavoro, creatività, sacrificio, intelligenza e un pizzico di fortuna (a volte si fa fatica ad ammettere pure questa) bisogna aggiungere un fattore chiamato “preferenza razziale”.


Ogni volta che un uomo, una donna, un bambino di colore viene ammazzato, i bianchi sentono l’esigenza di mostrarsi empatici, vicini al mondo afro, estremamente comprensivi ed aperti all’ascolto. La verità è che non gli siamo vicini per niente.

Savala Trepczynski, oltre ad essere direttore esecutivo del Center for Social Justice, è un’autrice che scrive spesso di razza e genere. Ha raccontato al Time che “Inizio spesso i colloqui chiedendo a diversi volontari di dirmi di che razza sono. Quindi chiedo loro come lo sanno. Invariabilmente, gli studenti di colore dicono cose come -So di essere nero perché il mondo me lo dice ogni singolo giorno-". Quando rivolge la stessa domanda ai bianchi, quando chiede loro come sanno di essere bianchi, spesso rimangono in silenzio. “Gli studenti bianchi si bloccano, incapaci di identificare e articolare gli elementi culturali, politici, economici e storici che dicono loro che fanno parte di quella razza. Per non parlare di quando gli chiedo cosa significhi veramente essere parte dei bianchi”. Sappiamo cosa vuol dire?



Il sociologo Joe Feagin sostiene che la nostra cultura ha insegnato ai bianchi a credere di rappresentare l'avanguardia intellettuale e culturale. Quindi “vedono il loro privilegio - come naturale seppur invisibile”. Di conseguenza, l’immagine nera che circola sui social media per il # blackouttuesday può rappresentare da una parte una sincera vicinanza agli individui di colore. Dall’altra, invece, può essere un ottimo strumento per ripulire le coscienze dei bianchi che sentono così di aver fatto abbastanza. Invece, ci sono migliaia di fattori nelle mani di noi bianchi che concorrono a nutrire costantemente il razzismo, a partire da chi scegliamo di farci rappresentare alla tipologia di libri che mettiamo sul comodino. Così naturale da diventare invisibile.


Simon Balto, professore di storia e studi afroamericani presso l'Università dell'Iowa, ha detto che


Una persona bianca che dice "non riesco a respirare" per una protesta, quando è sostanzialmente a rischio zero di sopportare mai un soffocamento della polizia non è un atto particolarmente significativo. È un accentramento del sé bianco che distoglie almeno in parte l'attenzione dalla questione presente: la salvaguardia dei neri dalla polizia.

 

Crediti foto: Pixabay


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