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  • Immagine del redattoreGloria Ferrari

Per alcuni giornali se ammazzi al Sud è colpa del Sud

Aggiornamento: 29 ott 2020

Quel bravo figlio e la terra del male”, dice Omar. “Il presunto killer arrestato, ex coinquilino della coppia, ci ricorda la polvere nascosta sotto l’ovattata quiete di certi luoghi del Sud”, prosegue. Queste poche righe scritte su Il Fatto Quotidiano in merito all’omicidio dell’arbitro e della fidanzata, bastano a far vacillare la calma di ogni singolo lettore nato al Sud. Secondo l’articolo, Antonio, il killer dei due ragazzi di Lecce, avrebbe agito anche perché “è spesso nella quiete ovattata delle esistenze tranquille che il Male, taciuto, beffardo, alligna silenziosamente e infine deflagra”.



Per “esistenze tranquille” s’intende il piccolo paesino, Casarano, in cui è nato e cresciuto Antonio e in cui, secondo Omar, bisognerebbe ricercare le cause più profonde di un gesto così efferato. “Quasi insomma che in posti come questi le nefandezze riescano a trovare – complice la distrazione delle autorità fisiche e morali che presiedono la zona – un rifugio in cui proliferare indisturbate”. Non poteva di certo mancare la chiusa ad effetto, in cui s’insinua che il Male, avesse la possibilità di scegliere dove alloggiare, non potrebbe che vivere, indisturbato, al Sud.


L’odio non può avere una carta d’identità con residenza e cap. Ma ci viene difficile, non riusciamo per niente a smetterla di voler ricollegare a tutti i costi l’odio al colore della pelle, al genere, al luogo, ad un credo, a volerci trovare una causa intrinseca che abbia a che fare, per forza, con uno di questi fattori.



Cercando in rete altri omicidi che avessero come protagonista un killer under 30, mi sono imbattuta nella storia di Roberto Succo, diciannovenne che ha ammazzato entrambi i genitori con armi da taglio. Che la famiglia risiedesse in Veneto, è fregato abbasta poco ai giornalisti, ai lettori e ai giudici. Nessun articolo ha menzionato il paese d’origine come concausa dell’omicidio, di cui si è parlato solo per mera cronaca dei fatti.


Insomma, parafrasando quello che è stato detto nell’articolo de Il Fatto, se uccidi ad Alba, in Piemonte, le colpe sono da ricercare in te, nella famiglia, nel tuo passato, nella maestra troppo violenta, nello zio premuroso. Se, invece, decidi di ammazzare qualcuno ma sei di Casarano la colpa è sì, in te, ma anche nel Sindaco, negli ulivi, nella calura estiva, nella tradizione delle orecchiette e in tutto ciò che ti circonda. E in un attimo un paese che conta più di 20.000 abitanti, che per anni è stato un grosso centro di produzione nel calzaturiero (e che sta lottando per ritornare ad esserlo) e che al mattino ingloba decine di autobus con studenti provenienti dai paesi limitrofi, diventa “l’ovattata quiete sotto cui nascondere la polvere”.



Non è colpa dei luoghi, ma degli individui che ci abitano e che sono uguali da Nord a Sud e possono perdere la ragione da un momento all’altro, allo stesso modo, da Nord a Sud e possono avere dei moventi futili per ammazzare, perché no. E non serve ricercarli poi nel territorio, nell’olio d’oliva, nella stereotipata ignoranza della gente che vive “giù”, perché a volte uno ammazza perché gli si rompe qualche meccanismo dentro, e basta. Sarah Scazzi non è morta perché ad Avetrana funziona così, o perché zio Michele che incespica un po' con i congiuntivi e l’italiano in generale rende tutto più “facilmente accadibile”.


Non può, un giornalista, continuare ad alimentare questi luoghi comuni.


 
Immagini: Pixabay

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